Come un pastore tedesco anziano ha cambiato il destino di una donna senza speranza

Mi sono voltata, le mani ancora piene di plaid piegati male.

«Stiamo pensando di avviare un piccolo progetto nuovo» ha continuato. «Una specie di programma speciale dedicato ai cani anziani. Potremmo organizzare incontri con scuole, case di riposo, gruppi di quartiere. Raccontare quello che lei ha vissuto con Bruno. Parlare di seconde possibilità, di valore dell’esperienza. Vorrei che ne fosse il volto. Lei e Bruno.»

«Il volto?» ho ripetuto, quasi ridendo. «A cinquantadue anni?»

Lei ha alzato un sopracciglio.

«Appunto» ha risposto. «Chi meglio di lei può dire che vecchio non significa finito?»

Ho abbassato lo sguardo.

Ho pensato alla me stessa di tre settimane dopo il licenziamento, persa in macchina davanti a un rifugio, convinta di non servire più a nessuno.

Ho pensato a Bruno dietro le sbarre, con quel timbro rosso “URGENTE” sulla scheda.

«D’accordo» ho detto piano. «Lo facciamo.»

Quella sera, seduta sul divano con Bruno che dormiva pesante ai miei piedi, ho aperto il vecchio portatile che tenevo da parte “per aggiornare il curriculum”.

Invece di cercare offerte di lavoro, ho iniziato a scrivere un’altra cosa.

“Mi chiamo Elena, ho cinquantadue anni e per molto tempo ho pensato che il mondo non avesse più bisogno di me. Poi ho adottato un cane anziano, ex cane da soccorso, e ho scoperto che le vite con qualche ruga addosso hanno ancora moltissimo da dare…”

Parola dopo parola, mi sono resa conto che non stavo solo raccontando la storia di Bruno.

Stavo riscrivendo anche la mia.

Forse un giorno troverò un nuovo lavoro “vero”, con una scrivania, un contratto e un badge al collo.

O forse no.

Ma adesso so una cosa, con una certezza che mi scalda più di qualsiasi titolo professionale:

Finché avrò fiato nei polmoni, braccia per accarezzare un cane spaventato, voce per raccontare storie che cambiano il modo in cui guardiamo i “vecchi”…

non sarò mai inutile.

Bruno, nel sonno, ha mosso la coda due volte.

Chissà, forse stava approvando.

E, mentre chiudevo il portatile, mi è venuto da pensare che forse, in un rifugio da qualche parte, un altro cane anziano stava aspettando.

Non solo una casa.

Ma la possibilità di dimostrare al mondo che il suo tempo non era ancora finito.

Nemmeno il nostro.

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