Era l’unica stanza della casa dove “non dovevo mettere in ordine”.
Lorenzo la teneva sempre chiusa a chiave quando non c’era.
Ma lo avevo visto nascondere la chiave sotto la base della lampada sulla scrivania.
Le mani mi tremavano mentre giravo la chiave nella serratura.
Lo studio era ordinato, con armadi pieni di raccoglitori lungo una parete e una grande scrivania coperta di carte.
Non sapevo esattamente cosa cercare, ma sapevo che dovevo cominciare da qualche parte.
Iniziai dai cassetti, sfogliando cartelle e documenti.
Gran parte sembravano cose di lavoro: contratti per compravendite immobiliari, lettere di clienti, fatture di materiali.
Ma nell’ultimo cassetto, in fondo, trovai qualcosa di interessante.
Una cartellina con scritto “Conti personali”.
Dentro c’erano estratti conto di conti bancari di cui ignoravo l’esistenza.
Tre conti diversi, tutti intestati a lui, mai nominati nelle nostre conversazioni.
Le cifre mi fecero girare la testa.
Entrate e uscite ben superiori a quello che Lorenzo dichiarava come reddito dell’agenzia immobiliare.
Versamenti da società di cui non avevo mai sentito il nome.
Prelievi in contanti da somme esagerate.
Fotografai ogni pagina con il telefono, rimettendo poi tutto esattamente dove l’avevo trovato.
Il cuore mi martellava così forte che mi mancava l’aria, ma non mi fermai.
Aprii i raccoglitori nell’armadio.
In uno trovai documenti di una società che non avevo mai sentito nominare: “LC Invest Srl”.
Secondo le carte, quella società possedeva vari immobili in città, immobili che Lorenzo aveva sempre presentato come appartenenti ai “clienti”.
In un altro raccoglitore c’erano ricevute per acquisti di lusso che non avevo mai visto:
un orologio da migliaia di euro,
un viaggio in una località esotica che io non avevo mai fatto,
gioielli di cui non avevo mai ricevuto neppure la scatola.
Tutti pagati con i conti che non conoscevo.
Ma lo shock più grande arrivò con una cartella intitolata «Documenti legali».
Dentro c’erano relazioni di un altro studio legale, che parlavano di “strategie di protezione del patrimonio”.
I documenti spiegavano come spostare denaro all’estero, come creare società schermo per nascondere i beni da eventuali controversie.
Non capivo ogni termine tecnico, ma capivo abbastanza:
Lorenzo stava nascondendo soldi. Volontariamente. Sistematicamente.
Si stava preparando a qualcosa.
E quel qualcosa ero io.
Rimasi nello studio per tre ore, fotografando qualsiasi documento mi sembrasse utile.
Quando sentii l’auto di Lorenzo entrare nel vialetto, tutto era di nuovo al suo posto e io ero in cucina, a preparare il pranzo.
«Com’è andata la riunione?» chiesi mentre mi baciava sulla guancia.
«Molto bene,» disse, allentando la cravatta. «Il progetto con i nuovi clienti sta andando meglio del previsto.»
Un’altra bugia.
Avevo visto la sua agenda: nessun nuovo progetto.
Sorrisi, annuii e gli chiesi se volesse un panino.
Quel pomeriggio feci un’altra cosa che non avevo mai osato fare.
Chiamai una vecchia amica, Sara, che lavorava come contabile in uno studio del centro.
Ci eravamo perse di vista dopo che avevo lasciato il lavoro, ma speravo che avrebbe ancora risposto.
«Chiara!» esclamò quando rispose. «È una vita che non ti sento. Come stai?»
«Sto…» esitai, «sto andando avanti. Ma ho bisogno di un consiglio su alcuni documenti finanziari. Possiamo vederci per un caffè?»
«Certo. Va tutto bene? Hai la voce un po’… preoccupata.»
«Ti spiego di persona.»
Ci incontrammo in un bar dall’altra parte della città, lontano da qualsiasi luogo dove Lorenzo potesse capitare.
Sara aveva sempre i capelli ricci raccolti alla meglio e un sorriso che ti metteva calma.
Ma quando le mostrai le foto sul telefono, il sorriso svanì.
«Chiara, dove hai preso questi documenti?» chiese, scorrendo le immagini.
«Sono dello studio di Lorenzo. Li ho trovati sul suo computer e nei suoi raccoglitori.»
Sara rimase in silenzio a lungo, gli occhi che correvano da una foto all’altra.
«Alcuni di questi movimenti sono… molto strani,» disse infine. «Queste società che compaiono qui, questi conti all’estero, questi prelievi in contanti… questo assomiglia tanto a riciclaggio di denaro.»
«Riciclaggio?» ripetei. «Cioè?»
«Prendere soldi sporchi, di origine illegale, e farli sembrare puliti spostandoli tra conti, società, immobili. È un reato serio.»
Mi si gelò il sangue.
«Ne sei sicura?»
«Non sono un’investigatrice, ma ho lavorato su abbastanza casi di frode per riconoscere certi schemi,» rispose, indicando uno degli estratti conto sullo schermo.
«Guarda: qui arrivano grossi bonifici da società che non hanno attività reali. I soldi vengono spostati più volte e poi investiti in immobili. È proprio quello che fanno i riciclatori.»
Mi sembrò che il pavimento si spostasse sotto le mie scarpe.
«Cosa dovrei fare?»
«Devi parlarne con qualcuno che si occupa di reati finanziari. Conosco un ispettore che lavora su queste cose, con la Guardia di Finanza. Si chiama Antonio De Luca. Vuoi il suo numero?»
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