«Qualcuno che può aggiustare questa situazione.»
Davide scorse l’elenco dei contatti finché non trovò il nome che cercava: Colonnello Gianni Rinaldi, alto funzionario del Ministero della Difesa, con cui aveva collaborato durante un recente progetto.
Il telefono squillò una volta, due.
«Ufficio del colonnello Rinaldi.»
«Sono il tenente Davide Bernardi, Esercito italiano. Avrei bisogno di parlare con il colonnello. È urgente.»
«Il colonnello è in riunione, tenente. Posso riferire qualcosa?»
Davide guardò il nonno, che ora osservava la scena con curiosità e un filo di stupore.
«Gli dica che è per il maggiore in congedo Franco Bernardi. Gli dica che vorrà prendere questa chiamata.»
«Un momento, tenente.»
Meno di trenta secondi dopo, una voce profonda riempì la linea.
«Sono il colonnello Rinaldi. Ha detto Franco Bernardi?»
«Sì, signore. Mio nonno.»
Dall’altra parte della linea, la voce del colonnello cambiò. In quel nome c’era un pezzo della sua storia personale.
Anni prima, durante una missione rischiosa all’estero, era stato proprio il maggiore Bernardi a coordinare un’evacuazione complicatissima che gli aveva salvato la vita.
«Suo nonno è un eroe, tenente. Che cosa posso fare per lui?»
Davide spiegò rapidamente la situazione: l’umiliazione, il cambio di posto, il tono freddo, la mancanza di rispetto.
Seguì un silenzio pesante.
«In quale aeroporto siete?»
«Milano. Volo per Roma di una grande compagnia nazionale.»
«Non muovetevi. Me ne occupo subito.»
La telefonata finì.
Il colonnello Rinaldi non perse tempo.
Compose il numero diretto dell’ufficio del direttore generale della compagnia aerea. Un uomo conosciuto per due cose: la sua fortuna costruita nel mondo dell’aviazione e un sincero rispetto per le Forze Armate.
«Pronto, sono il direttore generale.»
«Buongiorno, sono il colonnello Gianni Rinaldi del Ministero della Difesa.»
«Colonnello! Mi dica pure.»
«Abbiamo un problema grave su uno dei vostri voli. In questo momento un veterano decorato viene trattato senza il minimo rispetto.»
«Senza rispetto? In che senso?»
Rinaldi spiegò tutto, senza alzare la voce ma senza lasciare spazi al dubbio.
«Sta succedendo adesso?»
«Esatto. Il volo è in partenza da Milano verso Roma.»
«Colonnello, lo risolviamo immediatamente.»
Appena chiusa la telefonata, Rinaldi ne fece un’altra.
«Generale Ferri, ho bisogno di un favore. Urgente.»
Il generale Lorenzo Ferri, comandante di una vicina base dell’Aeronautica Militare, rispose subito.
«Che succede, Gianni?»
«Uno dei nostri veterani, Medaglia d’Argento al Valor Militare, viene umiliato in aeroporto. Ho bisogno che aiuti a rimettere le cose a posto.»
«Di quanti uomini c’è bisogno?»
«Decidi tu. Ma voglio che chiunque in quell’aeroporto capisca che, quando si manca di rispetto ai nostri anziani e a chi ha servito il Paese, le Forze Armate non restano a guardare.»
«Sarà un onore. Vengo io personalmente.»
Quindici minuti dopo, nel terminal dell’aeroporto di Milano, il suono era inconfondibile: passi di stivali che procedevano all’unisono sul pavimento lucido.
I passeggeri si fermarono, si voltarono.
Il generale Ferri avanzava in testa al gruppo, affiancato da dieci militari in uniforme perfetta.
Le mostrine brillavano alla luce artificiale. La postura era impeccabile. Si muovevano con calma, ma con uno scopo chiarissimo.
Il personale dell’aeroporto fece spazio d’istinto. Alcuni bambini indicarono la scena con gli occhi pieni di meraviglia. Gli adulti sussurravano tra loro, cercando di capire cosa stesse succedendo.
Al gate da cui sarebbe dovuto partire il volo per Roma, Laura stava controllando la lista passeggeri quando sentì i passi avvicinarsi. Alzò lo sguardo e sbiancò.
«Chi è il responsabile dell’equipaggio di questo volo?» La voce del generale risuonò nel gate.
Laura fece un passo avanti. «Io, signore. Sono la capocabina.»
«Dov’è il maggiore Franco Bernardi?»
«È già a bordo, signore.»
«A che posto?»
Laura sentì la gola stringersi. Sapeva quanto suonasse male la risposta.
«47B… in economica.»
Il generale chiuse gli occhi per un istante. Quando li riaprì, lo sguardo era così intenso che Laura fece istintivamente un passo indietro.
«Dove avrebbe dovuto sedere?»
«5A, in business class.»
«Se il biglietto è stato emesso per la business class, perché non è seduto lì?»
Laura provò a parlare di regolamenti interni, clienti fedeli, politiche di compagnia, ma le parole si intrecciarono, suonando vuote.
Il generale la interruppe con un gesto calmo ma fermo.
«Non le ho chiesto i vostri regolamenti. Le ho chiesto perché un veterano decorato non è trattato con il rispetto che merita.»
Si voltò verso i militari. «Andiamo a rimettere le cose a posto.»
Dentro l’aereo, alcuni passeggeri guardavano dai finestrini, incuriositi, mentre il gruppo militare si avvicinava al velivolo. Altri avevano già tirato fuori il telefono, pronti a registrare.
Franco, schiacciato ancora tra i due sedili, non vedeva nulla di ciò che accadeva fuori. Davide, seduto poco più avanti, intuì che qualcosa stava per succedere.
Clicca il pulsante qui sotto per leggere la prossima parte della storia. ⏬⏬






