Maria lo guardò, aspettandosi disgusto o rabbia.
Invece sentì qualcosa di diverso: comprensione.
Anche lei sapeva cosa significasse vivere in un corpo senza scelta. Conoscere la vergogna. La solitudine. Il silenzio.
— Se vuoi — disse Alberto con voce bassa — avrai una stanza tutta tua. Non ti toccherò mai se non lo vorrai. Ti chiedo solo… compagnia. Qualcuno con cui parlare a cena. Non riesco più a vivere nel silenzio.
Quella notte non dormirono insieme.
Alberto andò nella stanza degli ospiti.
Maria rimase sveglia, fissando il soffitto, rendendosi conto che il mondo non le aveva dato libertà…
ma Alberto le aveva dato una scelta.
Una nuova vita
I giorni passarono tranquilli.
Un pomeriggio, Maria scoprì una stanza piena di libri.
— Puoi leggere tutto ciò che vuoi — le disse Alberto. — Qui non c’è nulla che ti sia proibito.
Nessuno le aveva mai detto una cosa simile.
Per la prima volta, Maria sentì nascere una parola nuova dentro di sé:
possibilità.
Imparò a gestire la casa, i conti, i campi. Il suo intelletto, rimasto a lungo imprigionato, fiorì.
Una sera, sul portico, Alberto le chiese:
— Sei infelice qui?
— No — rispose lei. — Per la prima volta… respiro.
Una famiglia scelta
Quando Alberto si ammalò gravemente, Maria lo curò giorno e notte.
Quando lui si svegliò e la vide dormire accanto al letto, sussurrò:
— Sei rimasta.
— Sono tua moglie.
Da quel momento nacque tra loro fiducia, non passione.
Un legame fatto di cura.
Anni dopo, Maria chiese:
— E se adottassimo un bambino?
Visitarono un istituto per minori.
Una bambina di sette anni, Chiara, strinse la mano di Maria.
Poi arrivarono Paolo e Lucia.
La casa si riempì di voci, passi, risate.
La gente parlava.
Ma la felicità non ascolta i pettegolezzi.
Maria era stata venduta.
Ma aveva guadagnato:
Una casa.
Un compagno.
Una famiglia.
Una vita scelta.
— L’amore ha tante forme — diceva ai suoi figli. — La nostra era diversa. Ed è per questo che era vera.
