Il fischio del treno al tramonto, la corsa disperata di Noè e la donna legata ai binari

Il fischio del treno al tramonto, la corsa disperata di Noè e la donna legata ai binari

Gli zoccoli si fecero più vicini, regolari, come se chi arrivava sapesse esattamente dove andare. Noè strinse il fucile. La luna illuminava i campi e, oltre la siepe, comparvero tre figure a cavallo, che avanzavano veloci.

La signora Teresa spense la lampada. “L’hanno trovata,” sussurrò.

Eva tremò e strinse la bambina. “Sono loro.”

I cavalieri si fermarono al limite del cortile. Il più grosso, con una cicatrice evidente sulla guancia, gridò: “Sappiamo che è lì dentro! Fatti da parte, contadino. Lei ci appartiene.”

Noè uscì sul portico con il fucile in mano. “Non appartiene a nessuno,” rispose con voce ferma. “Giratevi e andate via.”

L’uomo rise senza allegria. “Te ne pentirai.”

Fece un gesto come per tirare fuori un’arma. Noè sparò un colpo in aria, di avvertimento. Il sibilo del proiettile tagliò la notte. Gli uomini esitarono — poi scoppiò il caos.

Uno di loro sparò verso la casa. Un vetro esplose. La signora Teresa urlò. Eva si abbassò, coprendo la bambina con il corpo.

Noè si mosse con calma e precisione, come uno che ha passato la vita a prendere decisioni rapide. Sparò ancora, costringendoli a indietreggiare verso la staccionata. Un uomo scivolò dalla sella e cadde a terra. Un altro si riparò dietro un carro.

Il capo, quello con la cicatrice, imprecò mentre ricaricava. “La pagherai!”

Dentro casa, Eva posò la bambina in un angolo sicuro, tra coperte e cuscini. Poi, con mani tremanti ma decise, prese la piccola pistola che Noè teneva nascosta in cucina per emergenza — non per fare il duro, ma perché in campagna si teme di tutto: animali, ladri, disperati.

Eva si avvicinò alla finestra. Vide l’uomo con la cicatrice mirare alle spalle di Noè.

In quel momento non pensò. Fece solo ciò che una madre fa quando capisce che, se non agisce, perderà tutto.

Premette il grilletto.

Lo sparo risuonò nella notte. L’uomo barcollò e lasciò cadere l’arma. Gli altri, presi dal panico, montarono a cavallo e fuggirono. Gli zoccoli si allontanarono, diventando sempre più deboli, finché rimase solo il vento.

Noè si voltò, sconvolto. Eva era lì, immobile, con la pistola ancora in mano. Il fumo saliva lento. Le lacrime le scendevano sulle guance.

“Io… dovevo,” sussurrò.

Noè abbassò il fucile e le si avvicinò. “Mi hai salvato la vita,” disse piano.

Più tardi arrivarono i carabinieri, chiamati da un vicino che aveva sentito gli spari. L’uomo ferito sopravvisse abbastanza da raccontare tutto: il piano, l’ordine di “farla sparire” e riportare la bambina alla famiglia del marito, come se fosse un oggetto.

Le indagini portarono agli arresti. Eva poté finalmente respirare senza sentire passi alle spalle.

Le settimane passarono e la pace tornò alla cascina dei Rinaldi. Eva rimase lì con la sua bambina. Aiutava con gli animali, con l’orto, con le piccole cose di ogni giorno. E in quel silenzio, diverso dal silenzio del dolore, tra lei e Noè nacque qualcosa di più profondo: gratitudine, fiducia… e poi affetto.

Quando arrivò la primavera, Noè le chiese di restare per sempre.

Si sposarono sotto un vecchio salice vicino al fiume. La signora Teresa piangeva di gioia, asciugandosi gli occhi con il fazzoletto. Emma, tornata dalla città per le vacanze, teneva in braccio la bambina di Eva, che ormai sorrideva e stava bene.

Per Noè fu una seconda possibilità di famiglia.

Per Eva, fu la libertà, finalmente.

E per tutta la gente del paese, fu un promemoria semplice e potente: a volte le persone più forti sono quelle che, invece di scappare dall’urlo, corrono verso di lui.

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