Il milionario torna a casa prima del solito… e non crede ai suoi occhi

«Lucia, posso farti una domanda personale?»

«Certo, signore.»

«Perché fai la colf? Si vede che hai conoscenze di fisioterapia. Sei brava coi bambini, sei attenta, paziente. Perché non lavori in ambito sanitario?»

La domanda sembrò spiazzarla.
Lucia abbozzò un sorriso triste.

«Perché non ho un diploma, signore. Ho imparato tutto con mio fratello, ma questo non conta in modo ufficiale. E poi devo lavorare per mantenere la famiglia.»

«La tua famiglia?»

«Mia madre e mio fratello, Carlo. Lui ora ha sedici anni. Studia la mattina e il pomeriggio lavora in un piccolo negozio. Mia madre fa le pulizie negli uffici la notte. Ci arrangiamo come possiamo.»

Alessandro provò un misto di ammirazione e vergogna.
Davanti a lui c’era una ragazza di trent’anni che lavorava duramente per mantenere la famiglia e che, nonostante tutto, trovava il tempo e l’energia per occuparsi di Matteo con affetto e dedizione.

«Non hai mai pensato di studiare, di fare un corso da fisioterapista?» chiese ancora.

Lucia rise, ma senza allegria.
«Con quali soldi, signore? E con quale tempo? Esco di casa alle sei del mattino, prendo due autobus per arrivare qui alle sette e mezza, lavoro fino alle sei, poi due autobus per tornare. Arrivo a casa alle otto, aiuto mio fratello con i compiti, preparo la cena. Quando vado a dormire, è quasi mezzanotte. Nel fine settimana faccio altre pulizie per guadagnare qualcosa in più.»

Alessandro rimase in silenzio, assorbendo ogni parola.
Non sapeva praticamente nulla della vita della donna che passava otto ore al giorno in casa sua.

«Lucia, posso vedere gli esercizi che fai con Matteo? Ora no… domani mattina.»

Lucia esitò.
«Se vuole, signore. Di solito però li facciamo la mattina presto, prima delle lezioni online.»

«La mattina?»

«Sì, signore. Arrivo alle sette e mezza, preparo la colazione di Matteo e, mentre lei dorme ancora, facciamo una sessione di esercizi in giardino. Poi lui fa il bagno, fa colazione ed è pronto per la scuola online.»

Ad Alessandro fu chiaro, in un attimo, quanto fosse assente.
Lui usciva di casa alle sette, tornava dopo le nove. Il fine settimana, chiuso nello studio o a riunioni.

«E a lui piacciono questi esercizi?» chiese.

«Li adora, signore. All’inizio era difficile, aveva molto dolore, ma adesso è lui che li chiede. Ieri è riuscito a stare in piedi senza stampelle per quasi tre minuti di fila.»

«Tre minuti?» gli occhi di Alessandro si spalancarono. «Ma il fisioterapista aveva detto che ci sarebbero voluti ancora mesi.»

Lucia arrossì.
«Forse adesso Matteo è più motivato, signore.»

«Motivato perché vuole fare colpo su di te?»

Lei esitò.
«Vuole fare colpo anche su di lei. Parla sempre di lei, signor Alessandro. Dice che quando camminerà bene, potrà venire a lavorare con lei, quando sarà grande. Dice che vuole essere come il suo papà.»

Gli occhi di Alessandro iniziarono a bruciargli.
Non aveva idea che Matteo lo vedesse così.

Proprio in quel momento sentirono passi sulle scale.
Era Matteo, che scendeva piano con le stampelle.

«Papà, sei ancora qui?» chiese sollevato.

«Matteo, dovresti dormire,» disse Alessandro, senza rimproverarlo davvero.

«Non riuscivo a dormire. Pensavo… non è che licenzi la zia Lucia, vero?»

La domanda lo colse di sorpresa.
«Perché dovrei licenziarla?»

«Perché eri serio quando mi hai detto di salire. E la mamma si arrabbia sempre quando le persone che lavorano qui fanno cose che lei non ha chiesto.»

Alessandro guardò Lucia, che aveva di nuovo abbassato la testa.

«Matteo, vieni qui,» disse Alessandro, inginocchiandosi per arrivare al suo livello. Il bambino si avvicinò, appoggiandosi alle stampelle.

«Ti piace tanto la zia Lucia?»

«È la mia migliore amica.»

«Perché è la tua migliore amica, Matteo?»

Il bambino ci pensò un attimo.
«Perché gioca con me, mi ascolta quando parlo e non ha fretta quando ci metto tanto a fare le cose. E crede che un giorno camminerò come gli altri bambini.»

«E io? Sono anche io tuo amico?» chiese Alessandro, sentendo il cuore stringersi.

Matteo esitò.
Nei suoi occhi passò un’ombra che ferì il padre come un pugno.

«Tu sei il mio papà, non il mio amico,» disse piano. «I papà sono importanti, ma gli amici sono quelli che stanno con te.»

Alessandro si sentì mancare il fiato.
Guardò Lucia, che era visibilmente commossa.

«Matteo, mi piacerebbe tanto essere anche tuo amico. Mi insegneresti come si fa?»

Gli occhi del bambino si illuminarono.
«Davvero, papà? Sul serio sul serio?»

«Sul serio sul serio.»

«Allora devi giocare con me, ascoltare le mie storie e venire a vedere i miei esercizi con la zia Lucia.»

Alessandro sorrise, sentendo un’emozione che non provava da anni.
«Affare fatto. Domani mattina voglio vedere questi esercizi.»

«Davvero?» Matteo saltò dalla gioia, quasi perdendo l’equilibrio.
«Zia Lucia, hai sentito? Papà viene a vedere i nostri esercizi!»

Lucia sorrise, ma Alessandro notò una certa preoccupazione nei suoi occhi.

«Signore, di solito lei non è in casa la mattina,» mormorò.

«Domani ci sarò,» disse lui, con decisione. «Anzi, credo che dovrò rivedere un po’ di priorità.»

Matteo abbracciò il padre, stringendolo forte, appoggiato sulle stampelle.
«Adesso ho due migliori amici: te e la zia Lucia.»

Alessandro lo strinse, sentendo un amore così forte da togliergli quasi il respiro.
Come aveva potuto lasciare scivolare via dalla sua vita un bambino così?

«Ora vai a dormire, campione. Domani sarà una giornata speciale.»

Quando Matteo tornò in camera, Alessandro si voltò verso Lucia.
«Grazie,» disse soltanto.

«Per che cosa, signore?»

Clicca il pulsante qui sotto per leggere la prossima parte della storia. ⏬⏬

Scroll to Top