Il milionario torna a casa prima del solito… e non crede ai suoi occhi

«Hai esperienza, hai conoscenze di fisioterapia, e soprattutto hai un legame speciale con mio figlio. Lui si fida di te completamente. Vorrei rendere tutto questo ufficiale.»

«Ma, signore…»

«Possiamo sistemare la parte del diploma. Ti piacerebbe seguire un corso di fisioterapia?»

Lucia rimase in silenzio.
«Sarebbe un sogno, signore, ma non ho modo di…»

«Se pagassi io il corso, lo faresti?»

«Lei pagherebbe i miei studi?» chiese lei, incredula.

«Pagherei il corso, i libri, l’abbonamento ai mezzi. E continueresti a ricevere il tuo stipendio. Anzi, te lo aumenterei, perché le tue responsabilità sarebbero maggiori.»

Le lacrime le salirono agli occhi.

«Signor Alessandro, non so cosa dire.»

«Di’ di sì,» rispose lui con calma. «Matteo ha bisogno di te. E tu meriti l’occasione di studiare quello che ami davvero.»

«E i lavori di casa? Le altre cose?»

«Assumeremo un’altra persona per quello. Tu ti occuperai solo di Matteo.»

Lucia non riusciva a smettere di piangere.
«Perché sta facendo tutto questo?»

«Perché ieri sera ho capito che stavo rischiando di perdere la possibilità di conoscere mio figlio. E stamattina ho visto che gli stavi dando qualcosa che io non ero stato capace di dargli: speranza e fiducia. Voglio che tu possa continuare a farlo, ma in modo riconosciuto e protetto.»

«E se non riuscissi a finire il corso? Se non fossi all’altezza?»

«Ce la farai,» disse Alessandro, sicuro. «Ne sono certo.»

Lucia si asciugò le lacrime, guardandolo con una nuova luce negli occhi.
«Allora… accetto, signore. Studierò con tutto l’impegno possibile e farò del mio meglio per Matteo.»

«Lo so,» rispose Alessandro. «Non ho nessun dubbio.»

Nei giorni successivi, la routine della casa cambiò completamente.
Alessandro iniziò a uscire più tardi, per seguire ogni mattina gli esercizi in giardino.
Cancellò diverse riunioni, imparando per la prima volta a dire di no a qualche impegno.

Matteo era raggiante per la presenza del padre. I suoi progressi accelerarono, spinti da quella nuova attenzione.

E mentre il bambino si faceva sempre più forte sulle sue gambe, qualcosa, in silenzio, cominciava a guarire anche dentro quella famiglia.

Nei giorni seguenti la casa cambiò ritmo.
Alessandro iniziò davvero a uscire più tardi, seguiva quasi tutte le mattine gli esercizi in giardino, si sedeva sull’erba accanto a Matteo e ascoltava le spiegazioni di Lucia come uno scolaro.

Matteo sembrava rinato.
Nel giro di una settimana riuscì a stare in piedi un minuto intero senza stampelle.
Dopo due settimane fece cinque passi di fila, da solo, verso il padre.

Quel pomeriggio Giulia era affacciata alla finestra della cucina.
Venne fuori di corsa proprio mentre Matteo, tremando ma deciso, lasciava le stampelle a terra e raggiungeva Alessandro.

«Papà, ho camminato! Da solo!» gridò buttandoglisi fra le braccia.

Alessandro lo sollevò, pieno di emozione.
«L’hai fatto, campione. Sono il papà più orgoglioso d’Italia.»

Lucia aveva le lacrime agli occhi.
«Hai visto, mio piccolo guerriero? Lo sapevo che ci saresti riuscito.»

Giulia li raggiunse e strinse Matteo forte.
«Amore mio, non sai quanto ti ho aspettato così.»

Quella sera, dopo che Matteo si addormentò con un sorriso stampato in faccia, Alessandro e Giulia rimasero in salotto, in silenzio, per qualche minuto.

Fu Giulia a parlare per prima.
«Alessandro, devo confessarti una cosa.»

«Dimmi.»

«Avevo pensato di lasciarti,» disse piano.

Lui sentì il mondo mancargli sotto i piedi.
«Come hai detto?»

«Mi sentivo sola, Alessandro. Ti giuro che non è un ricatto. È solo la verità. Mi sembrava di crescere Matteo da sola, mentre tu vivevi solo per il lavoro. Non ce la facevo più. Poi ho visto come sei cambiato in queste settimane. Vedo il padre che speravo potessi diventare, ma ho paura che sia solo una parentesi.»

Alessandro le prese la mano.
«Ho quasi perso tutto per non essermi accorto di niente. Ho quasi perso te e Matteo. Non voglio che succeda mai più.»

«Come fai a esserne sicuro?» chiese lei.

«Perché oggi, quando Matteo ha camminato verso di me, ho capito che nessuna firma su un contratto, nessun affare, vale più di quei passi. Niente vale più di questo.»

Giulia sospirò.
«Spero di riuscire a crederti. Ho bisogno di vederti restare, non solo di vederti promettere.»

«Allora guardami,» rispose lui. «Domani, dopodomani, la prossima settimana. Sarò in giardino con loro.»

Passò un po’ di tempo.
Le settimane diventarono mesi. Matteo continuava a migliorare, e la presenza del padre non era più un’eccezione, ma una parte normale delle sue giornate.

Un mattino, dopo gli esercizi, accadde qualcosa che nessuno si aspettava.
Matteo lasciò le stampelle, fece qualche passo, poi, improvvisamente, quasi corse per i suoi standard di allora, per una decina di metri verso la mamma.

«Mamma! Ho corso!» gridò ridendo, con il volto rosso per la fatica.

Giulia si portò le mani alla bocca per lo stupore.
«Dio mio, Matteo…» riuscì solo a dire, stringendolo forte.

Lucia si asciugò le lacrime con il dorso della mano.
«È ufficiale. Il mio guerriero è diventato un piccolo atleta.»

Quella sera, mentre Matteo dormiva, Giulia guardò Alessandro con uno sguardo diverso.

«Sai che cosa ho capito oggi?» chiese.

«Che cosa?»

«Che non ho solo ritrovato un marito. Ho conosciuto un padre nuovo. E devo dargli una possibilità.»

Alessandro non rispose. Si limitò ad abbracciarla.

Qualche settimana dopo, arrivò una nuvola in questo nuovo cielo sereno.

Una mattina, mentre Alessandro era in ufficio, una vecchia amica di Giulia, Sofia, venne a trovarla.
Era una donna elegante, abituata a ostentare i suoi vestiti, le sue borse, la sua posizione.

Lucia stava riordinando il soggiorno, mentre Matteo faceva lezione online nella stanza accanto.

«Allora è lei la famosa Lucia,» disse Sofia con un sorriso che non era proprio un sorriso. «Quella di cui parlano tutti.»

Lucia si fermò, sorpresa.
«Buongiorno, signora.»

Giulia iniziò a preparare il caffè in cucina, pensando che le due avrebbero scambiato solo cortesie. Non sentì subito il tono della conversazione.

«Ho sentito che si occupa del bambino come se fosse un piccolo fisioterapista,» disse Sofia. «Per essere una colf, le piace molto mettersi in mostra, vero?»

Lucia arrossì.
«Non mi metto in mostra, signora. Cerco solo di aiutarlo.»

«Già, certo. E ora il signor Rinaldi le paga anche gli studi, ho capito bene? Che fortuna. A volte basta trovarsi nella casa giusta al momento giusto.»

Lucia tacque, stringendosi il grembiule tra le dita.

«Si ricordi comunque qual è il suo posto,» continuò Sofia, abbassando la voce. «Matteo non è suo figlio. Lei è qui per lavorare, non per farsi passare per la salvatrice della famiglia. Le persone come lei dovrebbero saperlo.»

In quel momento Matteo, che era venuto a cercare Lucia per chiederle una cosa, sentì le ultime frasi dalla porta socchiusa.

«Non parli male della zia Lucia!» gridò entrando di colpo nel soggiorno, con il viso acceso.

Sofia trasalì.
«Ma guarda. Eccolo.»

«La zia Lucia è la persona migliore del mondo. Non può essere cattiva con lei,» disse Matteo, con la voce che gli tremava dalla rabbia e dalla paura.

Giulia, sentendo le urla, corse in salotto proprio in quel momento.
Capì subito che qualcosa non andava.

«Che succede?» chiese, guardando prima Matteo, poi Lucia, poi Sofia.

«Niente di che,» rispose Sofia con leggerezza. «Stavamo solo parlando. Il bambino ha frainteso.»

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