E poi, una sera, semplicemente non era più apparsa.
Il responsabile delle pulizie aveva detto che aveva chiesto un permesso per “problemi familiari”.
La sera dopo, niente.
La successiva, ancora niente.
Luca aveva tentato di rintracciarla: l’indirizzo sul suo fascicolo risultava già vuoto. Aveva persino contattato un investigatore privato, ma di Rachele Santini sembrava non essere rimasta traccia.
Dopo sei mesi, si era convinto – o aveva finto di convincersi – che lei avesse scelto di sparire. Che forse la differenza di ruoli e di mondi era diventata troppo pesante.
Ora, guardando quel palazzo decrepito, capì che la storia era stata molto più complicata.
Prese le buste della spesa che aveva comprato in un supermercato aperto 24 ore: pasta, latte, pane fresco, frutta, carne, prodotti a lunga conservazione. Abbastanza per far mangiare una famiglia per diverse settimane.
L’ingresso accanto al forno aveva una porta pesante, scrostata. Le scale interne puzzavano di umido e di qualcosa di più aspro. L’intonaco cadeva via a pezzi, alcuni gradini scricchiolavano pericolosamente.
Arrivato al terzo piano, le sue scarpe lucide erano coperte da una patina di polvere che avrebbe fatto inorridire il suo colf.
La porta del 3B era graffiata e ammaccata; il numero “3” penzolava storto, tenuto da un chiodo piegato.
Luca bussò piano, cercando di non svegliare mezzo condominio, ma con un’urgenza che quasi gli toglieva il fiato.
La porta si aprì di pochi centimetri. Una catenella la tratteneva, e da quello spiraglio apparvero due occhi grandi, azzurro-grigi, che lo fissavano con attenzione adulta in un viso ancora da bambina.
«Sei tu… Luca?» La voce era piccola ma coraggiosa.
«Tu devi essere Maddalena,» disse lui, piegandosi per portarsi più o meno alla sua altezza. «Ho portato un po’ di cibo e qualche medicina per la tua mamma, tesoro. Un attimo solo.»
La voce di Maddalena era troppo seria per la sua età mentre gridava verso l’interno: «Mamma, è arrivato.»
La catenella si mosse, la porta si aprì.
Maddalena era più minuta di quanto Luca immaginasse dalla telefonata.
Magrolina, con i capelli biondo scuro che avrebbero avuto bisogno di uno shampoo e di un taglio, e vestiti troppo piccoli sulle braccia e sulle gambe.
Ma negli occhi – quegli occhi azzurro-grigi – c’era un’intelligenza vigile e una responsabilità che non avrebbero mai dovuto appartenere a una quasi undicenne.
«Grazie per essere venuto,» disse con una cortesia seria, da adulto. «Zoe e Mia sono con la mamma. È sveglia, ma molto debole.»
Luca entrò e il cuore gli si spezzò.
L’appartamento era un unico vano: camera, soggiorno e cucina nello stesso spazio. Un divano-letto occupava metà parete; su di esso, due bambine piccole dormivano accoccolate contro una donna che lui faticò, per un istante, a riconoscere.
L’angolo cottura consisteva in un fornello a due piastre, un frigo piccolo che ronzava forte e un lavello da cui colava lentamente una goccia d’acqua dopo l’altra. Le pareti erano segnate da macchie di umidità; alla finestra, anziché tende, una coperta sottile.
Eppure, nonostante la povertà, c’era un ordine ostinato.
Le poche cose che possedevano erano piegate e sistemate con cura. Sul tavolo non c’erano briciole, e nell’aria si sentiva odore di detersivo economico, non di abbandono.
«Luca…»
Si voltò verso la voce.
Rachele era seduta sul divano, con addosso una casacca da lavoro da addetta alle pulizie, lisa e scolorita. Stringeva contro di sé le due gemelle addormentate.
A trentasette anni era ancora bellissima, ma la vita le aveva scavato linee sottili intorno agli occhi e sulle guance. Il viso era più magro, come se avesse saltato troppe cene per far mangiare qualcun altro.
I capelli, un tempo folti e lucidi, erano legati in una coda pratica che non riusciva a nasconderne la fragilità.
Ma gli occhi…
Quegli occhi castani caldi che gli avevano reso sopportabili tante notti in ufficio… erano identici a come li ricordava. Solo più stanchi. Più guardinghi.
«Rachele,» disse lui, appoggiando le buste sul tavolo traballante. «Sei davvero tu.»
«Sono cambiata, lo so,» rispose lei, stringendo istintivamente le bambine, come per proteggerle. «Undici anni e tre figlie fanno la loro parte.»
«Tu…» Luca esitò, cercando parole che non suonassero banali. «Tu sembri una persona che ha portato il mondo intero sulle spalle.»
Maddalena iniziò a svuotare le buste con una rapidità esperta, ma Luca notò che le mani le tremavano mentre tirava fuori oggetti che probabilmente non vedevano da mesi: frutta fresca, carne vera, latte con una scadenza lontana.
«Maddalena, amore, metti via il cibo piano piano, così non svegliamo le gemelle,» disse Rachele dolcemente. «Devo parlare un attimo con il signor Moretti.»
«È ancora “signor Moretti”?» mormorò Luca. «Per me sei sempre stata solo Rachele.»
Le prese il braccio con delicatezza. «Dobbiamo parlare. Sul serio.»
«So già cosa ti passa per la testa,» disse lei, fissando per un istante Maddalena e poi tornando su di lui. «Sì, Luca. I conti tornano. Maddalena è tua figlia.»
La frase che lui, a livello istintivo, aveva già intuito, gli tolse comunque il respiro.
«Perché non me l’hai detto?» chiese, con una calma solo apparente.
«Perché avevo ventisei anni, ero innamorata di un uomo il cui padre aveva già deciso che io non ero “adatta” a suo figlio, e scoprii di aspettare un bambino che avrebbe distrutto la tua carriera in un attimo.»
La voce di Rachele era bassissima. «Il capo della sicurezza di tuo padre mi chiamò nel suo ufficio la settimana in cui lo scoprii.»
Un gelo sottile si posò nello stomaco di Luca. «Cosa ti ha detto?»
«Che c’erano “seri dubbi” sulla sicurezza, che il personale delle pulizie non doveva avere rapporti personali con i dirigenti, che la mia presenza ai piani alti non era più opportuna. E che, se avessi provato a cercarti o a “mettere in giro storie”, avrebbero avuto modo di rendermi la vita molto difficile.»
Luca sentì una rabbia vecchia undici anni montargli dentro.
L’intromissione di suo padre, la scomparsa improvvisa di Rachele, quei discorsi vaghi sulla “sicurezza interna”: all’improvviso tutto aveva un senso fin troppo chiaro.
«E così sei semplicemente sparita. Senza darmi la possibilità di scegliere.»
«Ti ho dato l’unica scelta che ti proteggeva. Ho preso i pochi risparmi che avevo, sono andata a vivere altrove e ho deciso che avrei cresciuto Maddalena da sola. Tu dovevi avere la vita che la tua famiglia aveva già scritto per te.»
«E in undici anni non hai mai pensato di contattarmi?» chiese lui, fissandola.
Rachele rimase in silenzio per qualche secondo, mentre guardava Maddalena mettere con cura un cartone di latte nel frigo.
«Ci ho pensato tutti i giorni per il primo anno,» ammise. «Poi ho conosciuto Davide Martino. Era un uomo buono, Luca.»
La voce le divenne più dolce.
«Faceva il soccorritore in ambulanza. Sapeva che avevo una bambina e non gli importava chi fosse il padre biologico. Mi ha sposata, ha adottato Maddalena legalmente, ci ha dato il suo cognome e il suo affetto.»
«Che fine ha fatto?» chiese Luca.
«Cancro,» rispose Rachele, senza giri di parole. «Diagnosi quando le gemelle avevano diciotto mesi. È morto otto mesi dopo. Nessuna assicurazione che coprisse quella malattia, debiti di cure che hanno mangiato tutto ciò che avevamo.»
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