«Vuole dire che potrebbe non essere stata lei?» chiese Davide, con la voce quasi rotta.
L’ispettore Ferri arricciò la fronte.
«Dico solo che, se qualcuno avesse manipolato i dati o scambiato le cartelle, in teoria sarebbe stato possibile. È raro, ma non impossibile. Stiamo riaprendo la documentazione dell’autopsia per un controllo.»
Intanto, nella vita quotidiana, Davide notava strane cose.
Telefonate da numeri sconosciuti che cadevano nel vuoto appena rispondeva.
Disegni di Luca: una figura femminile che stava sempre accanto a un lago, a distanza, con il bambino che la guardava da lontano.
Una sera, rientrando a casa, trovò una busta infilata sotto la porta. Dentro, solo un foglio con una frase scritta in stampatello:
«Starà più al sicuro senza di te.»
Il cuore gli balzò in gola. Per la prima volta, Davide iniziò a pensare che forse Laura non era morta come tutti credevano.
O, ancora peggio, che qualcuno aveva usato la sua morte come copertura per un piano oscuro.
Una settimana dopo, l’ispettore Ferri lo chiamò.
«Signor Moretti, abbiamo trovato qualcosa. Le chiedo di venire in commissariato.»
Nella sala riunioni, l’ispettore stese sul tavolo alcune fotocopie e fotografie.
«Abbiamo identificato la donna. Il suo vero nome è Elena Marchetti. Ex infermiera di pronto soccorso. Ha lavorato anni fa in un grande ospedale della zona — lo stesso in cui fu portato il corpo di sua moglie dopo l’incidente.»
Davide guardò la foto segnaletica. Il volto di Elena era simile a quello di Laura in modo quasi innaturale. Non solo una somiglianza casuale: sembrava quasi… costruita.
Ferri continuò:
«La signora Marchetti ha subìto importanti interventi di chirurgia ricostruttiva tre anni fa, in seguito a un grave episodio di violenza domestica. La stessa notte dell’incidente in cui morì sua moglie, sia lei che Laura furono trattate nello stesso pronto soccorso. La nostra ipotesi è che qualcuno abbia scambiato, o aiutato a scambiare, le loro identità.»
«Ma perché?» chiese Davide, sentendo la stanza girargli intorno.
«Il marito della signora Marchetti era stato denunciato più volte. C’erano procedimenti in corso. Lei aveva un motivo per sparire. L’incidente di sua moglie le ha offerto un’occasione: prendere il posto di una donna che risultava deceduta, con una vita apparentemente più stabile.»
Davide sentì la nausea salire.
«E Luca? Perché venire davanti alla sua scuola? Perché seguirlo, avere le sue foto in casa?»
L’ispettore abbassò lo sguardo per un momento, poi parlò con voce calma:
«Secondo i primi colloqui con gli specialisti, la signora Marchetti è in una condizione psicologica molto fragile. È convinta, in parte, di essere davvero Laura. Il trauma, il senso di colpa, gli interventi, gli anni di paura… hanno confuso i suoi ricordi. In qualche modo si è attaccata all’idea di essere la madre di Luca. Adesso si trova in un reparto di osservazione psichiatrica, seguita da medici competenti.»
Davide uscì dal commissariato come in trance.
Camminava per le vie del centro senza quasi accorgersi delle persone, delle vetrine, del rumore dei tram. Gli sembrava di essere finito dentro un sogno sbagliato, dove i volti si mescolavano e nessuno era davvero chi diceva di essere.
Quella sera, si sedette sul divano accanto a Luca. Il bambino stava disegnando in silenzio, la lingua un po’ fuori, concentrato, come faceva sempre.
Davide lo guardò a lungo, poi gli accarezzò i capelli.
«Papà», disse Luca all’improvviso, senza alzare lo sguardo dal foglio, «la signora che assomigliava alla mamma… quella volta vicino alla scuola… mi ha detto che le dispiaceva.»
Davide sentì gli occhi bruciargli. Lo abbracciò forte, stringendolo a sé.
«Lo so, amore. Adesso è finita. Non ti farà più paura.»
Luca annuì piano, appoggiando la testa sul petto del padre.
Per lui, per quel momento, sembrava davvero finita.
Per Davide, invece, no. Non del tutto.
Da qualche parte, in quella cittadina di provincia, una donna che aveva rubato il volto di Laura stava cercando di rimettere insieme la propria mente, seguita da medici e controlli.
E Davide sapeva che un giorno Luca sarebbe cresciuto abbastanza da fare domande su quella storia. Non basterà dire «è finita».
Un giorno, suo figlio avrebbe chiesto la verità.
E lui, quel giorno, avrebbe dovuto raccontargli ogni singolo dettaglio.






