Ho pianto. Non mi vergogno a dirlo. Ho pianto silenziosamente, con la fronte contro la sua pelliccia ruvida che odorava di erba e di vecchio cane. Ho pianto per lui, per me, per Elena, per il tempo che ci scivolava tra le dita come sabbia finissima.
Da quel giorno, il nostro legame è cambiato ancora. È diventato telepatico. Non ho più bisogno di guardare l’orologio per sapere quando deve uscire; lo sento dalla sua inquietudine.
Lui non ha bisogno di vedermi per sapere se sono triste; lo sente dal mio passo. Ho iniziato a leggergli ad alta voce. Sembra una follia, lo so. Cosa ne capisce un cane di Calvino o di Pavese?
Ma la sera, nel nostro salotto trasformato in lazzaretto di lusso, il silenzio a volte è troppo rumoroso. Così prendo un libro e leggo. La mia voce lo calma. Vedo le sue orecchie rilassarsi, il respiro farsi più profondo.
E mentre leggo, mi rendo conto che sto raccontando queste storie a lui perché sono le storie che avrei voluto raccontare ai miei nipoti, se solo avessero il tempo di venire a trovarmi. Bruno è diventato il custode di tutte le mie parole non dette.
Ieri sera, mentre fuori pioveva a dirotto, ho avuto un momento di terrore puro. Bruno dormiva così profondamente che non riuscivo a vedere il movimento del torace.
Per un attimo, un attimo eterno, ho creduto che se ne fosse andato. Che mi avesse lasciato solo in quella casa troppo grande, con i libri a metà e il riso bollito nel frigo. Ho allungato la mano tremante verso il suo naso.
Quando ho sentito quel piccolo soffio caldo sul palmo, un’ondata di sollievo mi ha travolto, così potente da farmi girare la testa. Ma subito dopo il sollievo, è arrivata la consapevolezza. Sto vivendo in prestito. Stiamo vivendo in un tempo supplementare. So come finirà questa storia. Non sono ingenuo.
So che ci sarà un giorno in cui il dottor Mariani mi guarderà scuotendo la testa, e io dovrò prendere la decisione più difficile della mia vita. Dovrò essere io a lasciarlo andare, per amore, per non farlo soffrire. Sarà il prezzo finale da pagare per tutta questa lealtà.
Ma non è oggi. Oggi, lui è qui. Oggi, quando mi sono alzato per farmi il caffè, lui ha sollevato la testa e ha battuto la coda. Thump. Thump. Solo due colpi, deboli ma decisi. È il suono più bello che io conosca. È il suono della vita che resiste.
Molti dicono che prendere un cane alla mia età sia un errore, perché “poi chi ci bada se tu stai male?”. Ma nessuno ti dice l’altra verità: chi bada alla tua anima se non lo prendi?
Bruno mi sta insegnando l’ultima, grande lezione della vita: come tramontare. Non con rabbia, non con paura. Ma con dolcezza. Riposando quando si è stanchi, godendosi il sole quando c’è, e affidandosi a chi ti ama quando le gambe non reggono più.
Stasera, dopo aver spento la TV, mi stenderò di nuovo sul materasso accanto a lui. Allungherò la mano nel buio fino a trovare il suo pelo arruffato. Lui sospirerà nel sonno, forse sognando di correre ancora lungo il fiume, giovane e forte.
Io non sognerò di essere giovane. Sognerò di essere esattamente dove sono: qui, nel silenzio, a custodire il sonno del mio migliore amico. Finché ci sarà un thump della sua coda, io non sarò solo. E finché la mia mano potrà accarezzarlo, lui non avrà paura del buio. Siamo due vecchi soldati in trincea, e nessuno viene lasciato indietro.






