Partorisce nella bufera sul marciapiede e poi dieci moto spuntano dal buio: cosa succede dopo?

Partorisce nella bufera sul marciapiede e poi dieci moto spuntano dal buio: cosa succede dopo?

Partorisce nella neve davanti alla stazione, poi dieci moto spuntano dal buio e cambiano tutto

Quella notte la neve copriva le strade di Torino come un lenzuolo pesante. La città dormiva, ma il vento urlava tra i portici e i vicoli vuoti, come un animale ferito. Sotto la luce tremolante di un lampione mezzo rotto, una giovane donna era distesa sul marciapiede gelato, vicino a un cassonetto.

Si chiamava Elena Riva: venticinque anni, senza casa, e completamente sola.

Le contrazioni arrivavano a ondate, violente, senza pietà. Elena cercò di spingersi con la schiena contro il muro, stringendosi la pancia gonfia con entrambe le mani. Respirava a scatti, e ogni respiro diventava una nuvola bianca nel buio.

«Ti prego… non qui…» sussurrò con la voce spezzata. Ma il corpo non ascolta le suppliche. Il dolore le attraversò la schiena, le gambe, il petto. Tremava non solo per la fatica, ma per il freddo che le entrava dentro, fino alle ossa.

Il tempo si confuse. Minuti che sembravano ore. La neve cadeva più forte, e il rumore del vento copriva quasi tutto… finché un suono sottile tagliò la tempesta.

Un pianto. Piccolo. Nuovo.

Una bambina.

Elena fissò quella creatura minuscola tra le sue braccia tremanti. La avvolse come poté nella sua giacca strappata. La pelle della neonata, rosa e viva, sembrava ancora più fragile contro il bianco della neve.

Le lacrime scesero sul viso di Elena, calde e subito fredde. «Sei il mio miracolo…» mormorò. Ma sentiva che le forze la stavano lasciando. Il corpo era troppo debole, il freddo troppo forte. La vista le si appannava.

Guardò la strada deserta davanti a sé, come se potesse chiamare qualcuno soltanto con lo sguardo. «Se ti trova qualcuno… qualcuno buono…» disse piano.

Poi la voce si spense. La testa le cadde di lato. Il vento si portò via le ultime parole.

E proprio allora, il silenzio si ruppe.

Da lontano arrivò un rombo profondo. Motori. Sempre più vicini. Sempre più forti. Dieci fari comparvero nella neve, tagliando l’oscurità come lame di luce.

Erano dieci motociclette che avanzavano a fatica sulla strada ghiacciata.

Il capo del gruppo, Marco De Santis, alzò la visiera del casco quando vide qualcosa di strano vicino al bordo della carreggiata. «Fermi! C’è qualcuno lì!» gridò sopra il rumore dei motori.

I motociclisti frenarono di colpo. Le ruote scivolarono sul ghiaccio, e per un attimo sembrò che anche loro potessero cadere. Una donna del gruppo, Sara Belli, scese per prima e corse avanti, affondando gli stivali nella neve.

Si fermò, e le uscì un respiro che sembrò un singhiozzo. «Marco… è una donna… e… c’è una bambina!»

Marco si inginocchiò accanto a Elena. Vide le labbra bluastre, la pelle pallida, gli occhi che ancora provavano ad aprirsi. Elena lo vide, vide la giacca di pelle, il simbolo cucito sulla spalla — un lupo stilizzato, niente di più — e una catena al collo. Per un secondo ebbe paura. Paura del mondo, paura degli sconosciuti, paura di non riuscire a proteggere sua figlia.

Ma la voce di Marco non era dura. Era bassa, calma, come si parla a chi sta cadendo.

«Ehi… ehi. Tranquilla. Adesso sei al sicuro.»

Elena provò a parlare. Le uscì solo un filo d’aria. «Per favore… prendetela voi. Lei… non ha nessuno.» Deglutì, come se ogni parola fosse un peso. «Promettimi che… che ti prenderai cura di lei.»

Marco esitò un istante. Sentì la gola chiudersi, come se il freddo gli fosse entrato dentro all’improvviso. Guardò quella bambina minuscola che piangeva, e poi guardò Elena.

«Te lo prometto,» disse piano. E la sua voce restò ferma, anche se negli occhi aveva qualcosa che bruciava.

Elena sorrise appena, come se quel sì fosse un cuscino sotto la testa. Guardò la bambina un’ultima volta. «Si chiama… Speranza…» mormorò.

E poi la sua mano scivolò giù, lenta, senza forza.

La neve continuò a cadere.

Nessuno parlò. I motociclisti rimasero immobili, il fiato che usciva in nuvole dense. Marco prese la neonata contro il petto e la coprì con la sua giacca, stringendola come si stringe un tesoro.

Quella notte, su una strada gelata, dieci persone fecero una promessa a una madre che se ne stava andando.

La mattina dopo, il gruppo — che si faceva chiamare I Lupi di Ferro — arrivò al pronto soccorso con la bambina. I medici dissero che la piccola era sana, solo molto infreddolita. Elena, invece, non ce l’aveva fatta. Se n’era andata prima che l’aiuto potesse arrivare.

Marco e gli altri tornarono sul posto nel pomeriggio. Con i loro soldi comprarono fiori, una piccola croce di legno e una pietra semplice. Sulla pietra fecero incidere una sola parola: Elena.

La seppellirono lì, dove era caduta. Marco abbassò la testa e sussurrò: «Ci prenderemo cura di lei. Hai la mia parola.»

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