Mia madre ha 89 anni ed era convinta di essere troppo vecchia per un nuovo inizio. Ma non avrebbe potuto sbagliarsi di più.
Mia madre è una donna di 89 anni. È una di quelle persone tranquille, dal cuore buono, che non chiedono mai nulla, che non si lamentano mai, e che sono sempre state un punto fermo per gli altri.
Le sue mani sono diventate piccole e delicate, i suoi passi lenti e prudenti, ma il suo cuore è rimasto grande come un tempo.
Per tutta la vita ha avuto un cane accanto a sé. La sua piccola casa, in un paese tranquillo della Toscana, è stata per decenni riempita dal ticchettio di zampette sul pavimento, dal tintinnio di un collare e da quel calore silenzioso che solo un cane fedele può portare.
La sua ultima compagna, una piccola cagnolina terrier di nome Bella, era con lei da più di dieci anni. Erano inseparabili. Quando mia madre si sedeva sulla sua vecchia poltrona per leggere, Bella si accoccolava ai suoi piedi. Nei giorni più solitari, posava la testa sulle sue ginocchia, come per dirle: Non sei sola.
Ma poco prima di Natale, Bella se ne è andata.
E con lei, si è spenta una luce dentro la casa.
Per la prima volta dopo tanti anni, regnava un silenzio pesante. Troppo pesante.
Mia madre non voleva più sedersi sulla sua poltrona preferita. «Era il nostro posto», mormorava. Non riusciva nemmeno a guardare la copertina nel salotto, dove Bella dormiva. Anche l’appetito era sparito: mangiava solo “quanto basta per tirare avanti”, diceva.
Un giorno mi disse sottovoce:
«È incredibile come una creaturina così piccola possa occupare così tanto spazio nella vita.»
Le presi la mano. Non c’erano parole che potessero colmare quel vuoto.
Decise allora di non prendere più nessun cane. «Ho quasi 90 anni, cammino male. E se dovessi andarmene prima io, lui soffrirebbe di nuovo. Non sarebbe giusto.»
Voleva vivere “tranquilla”, come diceva lei — sola, con i suoi ricordi.
Ma ogni giorno la vedevo spegnersi un po’ di più. Una solitudine spessa, che sa di inverno.
Poi, una mattina, squillò il telefono.
Dall’altra parte c’era Signora Conti, la responsabile di un piccolo rifugio per animali della zona. Mia madre aveva adottato da loro tanti anni prima — e non l’avevano dimenticata. Ricordavano qualcuno che non offriva solo una casa, ma una famiglia.
Lei aveva saputo della morte di Bella.
«So che non voleva più un cane», disse con voce gentile. «Ma penso di avere qualcuno che potrebbe aver bisogno di lei quanto lei di lui.»
Parlava di Luna, una cagnolina di dodici anni, arrivata da poco al rifugio. La sua proprietaria — un’anziana signora — era mancata improvvisamente. Nessuno, in famiglia, poteva occuparsene.
Da allora Luna era triste, disorientata, e il rumore del rifugio la spaventava.
«È dolcissima», disse la Signora Conti. «Abituata alla casa, calma, molto affettuosa. Penso davvero che starebbe benissimo con lei… se solo volesse incontrarla.»
Mia madre esitò. «Oh, Signora Conti… sono troppo anziana. Faccio fatica persino a salire tre scalini. E se lei dovesse vivere più a lungo di me?»
Ci fu una breve pausa.
Poi una frase, quasi un sussurro:
«Forse avete semplicemente bisogno l’una dell’altra. Anche se solo per un po’.»
Quelle parole la colpirono profondamente.
Alla fine disse: «Va bene… la vedrò.»
Quando andai a prenderla quel pomeriggio, era già davanti alla porta — cappotto allacciato, capelli sistemati, il vecchio bastone in mano. Nei suoi occhi c’era un’emozione che non vedevo da tempo.
Al rifugio, Luna la aspettava in una stanza tranquilla. Una piccola cagnolina marrone e bianca, con gli occhi un po’ velati, la coda che si muoveva timidamente, come se non sapesse più se le fosse concesso essere felice.
Quando mia madre entrò, accadde qualcosa che non so spiegare.
Luna alzò la testa, annusò l’aria… e andò dritta verso di lei. Lentamente, senza paura. Mia madre si chinò come poté, le mani un po’ tremanti. Luna posò subito il muso nella sua mano aperta.
Sembrava che due anime si riconoscessero — entrambe avevano perso qualcuno, entrambe cercavano una nuova certezza.
Rimasero così, senza parlare, per lunghi minuti.
Durante il tragitto verso casa, Luna camminava accanto al deambulatore come se lo avesse fatto da sempre.
Quella sera, mia madre mi chiamò.
«È a casa», disse con una voce che non sentivo da mesi. «Mi segue ovunque — anche in bagno! E ora dorme ai piedi del mio letto.»
Poi rise. Una risata vera, calda.
«Credo che andremo d’accordo.»
Oggi, dopo diversi mesi, posso dire che quella piccola cagnolina ha riportato la vita nella mia mamma.
Luna la sveglia ogni mattina con un piccolo tocco del muso. Fanno brevi passeggiate nel giardino, siedono vicino alla finestra a guardare il mondo passare. Mia madre ha persino ricominciato a preparare biscotti — «A Luna piace il profumo», dice sorridendo.
La sera, si siedono insieme sulla vecchia poltrona. La stessa dove dormiva Bella.
L’altro giorno mia madre mi ha detto:
«Credo che Luna sappia di essere al sicuro adesso. Ma non sa che sta salvando anche me.»
Ed è proprio questa la meraviglia:
Si sono salvate a vicenda.
Due cuori anziani, un po’ stanchi, ma ancora capaci di un amore immenso.
Non hanno bisogno di un “per sempre”.
Hanno solo bisogno di oggi.
Perché a volte l’amore non arriva per aggiustare qualcosa.
Arriva per ricordarci che siamo ancora vivi.
Che non è mai troppo tardi per essere felici di nuovo.
E sì, anche a 89 anni, ci si può innamorare ancora, di una piccola cagnolina che ti stava aspettando senza saperlo.
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