«Tu vieni con me, Martino.»
La condusse in un piccolo ufficio accanto alla mensa.
Chiuse la porta alle loro spalle, il rumore del chiacchiericcio della mensa che si affievoliva di colpo.
«Siediti» disse, con un tono che non era ostile, ma molto professionale.
Sara si sedette su una sedia di metallo dall’altra parte della scrivania, la schiena dritta, le mani appoggiate sulle cosce.
Non sembrava agitata, ma dentro di lei sapeva che la situazione si era fatta delicata.
Ricci la fissò per qualche secondo in silenzio, come se mettesse in ordine i pensieri.
«Sono in Marina da ventidue anni» iniziò lentamente. «Ho lavorato con reparti di fanteria, con unità speciali dell’Esercito, con gente che non comparirà mai nelle foto ufficiali. Quello che ho visto poco fa in mensa non è roba che si impara alle lezioni di difesa personale.»
Sara rimase in silenzio.
Il suo addestramento le diceva di non dire nulla più del necessario, mai.
«I movimenti erano precisi, puliti, mirati a neutralizzare senza rompere niente» continuò Ricci. «Hai letto i loro corpi, hai anticipato gli attacchi, hai controllato ogni secondo dello scontro. Non è istinto. È addestramento di alto livello.»
Attraverso il piccolo vetro dell’ufficio, si vedeva ancora qualcuno passare nel corridoio, gettando occhiate curiose.
Ricci aprì una cartellina sul tavolo: il fascicolo ufficiale di Sara.
«Secondo i documenti» disse, scorrendo le righe, «sei “Specialista Logistica di Seconda Classe”. Hai finito l’addestramento due anni fa. Sei in questa base da otto mesi. Scheda pulita, ottime valutazioni, niente di strano.»
Alzò di nuovo gli occhi su di lei.
«Il problema è che gli specialisti di logistica, di solito, non abbattono quattro reclute in quindici secondi.»
Alla parola “reparti speciali” non pronunciata ma chiaramente sottintesa, un’ombra quasi impercettibile passò sul volto di Sara.
Ma per un uomo abituato a leggere le persone, fu più che sufficiente.
«Ho indovinato, vero?» chiese Ricci a bassa voce. «Non sei solo quello che c’è scritto nel fascicolo.»
Sara prese un respiro più profondo.
Era arrivata al bivio: continuare a negare, sperando che i suoi superiori sistemassero tutto dall’alto, oppure seguire il protocollo previsto per questi casi e fare quella chiamata che sperava di non dover mai usare.
«Capo, devo fare una telefonata» disse infine. «Prima che io possa parlare del mio addestramento con qualcuno, è obbligatorio avvisare certe persone.»
Ricci annuì lentamente.
«Me lo immaginavo» rispose. «Usa pure il mio telefono. Prenditi il tempo che ti serve.»
Le passò il cordless d’ufficio e si alzò, uscendo e chiudendo la porta per lasciarle privacy.
Sara compose a memoria un numero che conosceva bene, ma che sperava di non dover mai usare se non in caso di emergenza.
Dopo due squilli, una voce neutra rispose semplicemente:
«Sì?»
«Qui Falcon 7» disse Sara, usando il nominativo operativo. «Ho una situazione di copertura compromessa su base. Richiedo istruzioni immediate.»
«Rimani in linea» disse la voce.
Si udirono tasti premuti, qualcuno dall’altra parte stava aprendo file, verificando dati.
Sara fissava il muro, il telefono stretto ma la mano ferma.
Dopo qualche minuto, la voce tornò.
«Falcon 7, sei autorizzata a rivelare il tuo status di operatrice delle forze speciali al sottufficiale anziano con cui ti trovi» comunicò. «Verrà predisposto un aggiornamento della copertura entro ventiquattro ore. L’incarico operativo attuale, per ora, rimane invariato.»
«Ricevuto» rispose Sara. «E per il rapporto sull’incidente e le testimonianze?»
«Il comando locale riceverà indicazioni a breve. L’episodio verrà classificato come legittima difesa. Non saranno presi provvedimenti disciplinari nei tuoi confronti. Devi però essere consapevole che la tua copertura sulla base è ormai compromessa.»
Sara provò un misto di sollievo e preoccupazione.
Era grata di non dover affrontare sanzioni per essersi difesa, ma sapeva che perdere l’anonimato avrebbe reso molto più difficile la sua vera missione.
«Sarò trasferita?» chiese.
«Non immediatamente. Abbiamo ancora bisogno che tu completi alcuni obiettivi, ma è probabile una nuova assegnazione nei prossimi mesi. Ti contatteremo con ulteriori istruzioni. Hai bisogno di altro?»
«Negativo, signore. Grazie.»
Riagganciò lentamente, poi andò ad aprire la porta.
«Capo Ricci?» chiamò.
Lui rientrò nell’ufficio, richiudendo dietro di sé.
«Allora?» domandò, con la curiosità di chi ha già capito molto, ma aspetta la conferma.
Sara lo guardò dritto negli occhi.
«Posso dirti questo» disse con calma. «Avevi ragione riguardo al mio addestramento. Non sono solo una specialista di logistica. Faccio parte di un reparto speciale della Marina. Il resto, però, rimane classificato.»
Per qualche istante, nell’ufficio calò di nuovo il silenzio.
Il Sottufficiale Capo Ricci restò immobile, poi annuì lentamente.
Non sembrava sorpreso, semmai confermato nei suoi sospetti.
«Me lo aspettavo» disse. «Non so che grado di segretezza ci sia dietro, e non voglio saperlo. Ma una cosa è chiara: stamattina, in mensa, non ho visto una semplice specialista di logistica.»
Sara accennò un sorriso appena percettibile.
«Non avevo intenzione di mostrare niente» disse. «Ho provato a calmarli. Ma quando uno di loro mi ha afferrata, non avevo più scelta.»
Ricci aprì la bocca per rispondere, ma bussarono alla porta.
«Avanti» disse.
Un giovane marinaio entrò con un tablet in mano, un po’ agitato.
«Capo, credo che dovreste vedere questo» disse, porgendo il dispositivo.
Ricci prese il tablet, lo accese, e subito apparvero i primi video della mensa.
Qualcuno aveva già montato brevi clip, rallentato i momenti dei colpi, aggiunto didascalie ironiche e commenti.
«È online da meno di un’ora» spiegò il ragazzo. «Ma lo stanno già condividendo in tutti i gruppi. Non solo in base, anche fuori.»
Sara si avvicinò quel tanto da vedere lo schermo.
Si riconobbe nelle immagini: calma, circondata, poi quei movimenti secchi, essenziali, che aveva ripetuto mille volte in addestramento, ma mai in mezzo a così tanti testimoni con il telefono in mano.
Ricci guardò il video due o tre volte, poi sospirò.
«Questo» disse piano, «farà rumore. E non solo qui dentro.»
Nel giro di poche ore, la situazione sulla base cambiò completamente.
Nell’ufficio del Comandante della base, la Capitano di Vascello Francesca Torre stava affrontando una mattinata che non somigliava a nessun’altra nella sua lunga carriera.
Sulla scrivania, il telefono squillava a intervalli regolari.
Chiamate dallo Stato Maggiore, dal comando della Marina, da qualche ufficio del Ministero della Difesa.
Tutti volevano sapere che cosa fosse accaduto esattamente in quella mensa e chi fosse la militare protagonista del video.
Il Tenente di Vascello Serra entrò con una cartellina in mano.
«Comandante, abbiamo un altro problema» disse, posando i fogli sulla scrivania. «Le quattro reclute coinvolte sono già state identificate da persone sui social. Stanno ricevendo insulti e minacce sui profili personali.»
La Torre si massaggiò le tempie, sentendo salire il mal di testa.
«E la Martino?» chiese.
«È stata spostata in alloggio protetto dentro la base» rispose Serra. «Per evitare curiosi e possibili problemi di sicurezza. In rete stanno cercando di capire chi sia, circolano già ipotesi e foto sbagliate.»
Nel frattempo, in una sala riunioni protetta dall’altra parte della base, Sara era collegata in videoconferenza con i suoi veri superiori del reparto speciale navale.
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