Rientra a casa prima, trova il figlio disabile sotto un getto d’acqua gelida e scopre una verità sconvolgente

Rientra a casa prima, trova il figlio disabile sotto un getto d’acqua gelida e scopre una verità sconvolgente

— Sono venuta a prendermi quello che mi spetta! — gridò, fuori controllo.

— L’unica cosa che ti spetta è un’aula di tribunale — rispose Edoardo, gelido.

— Ah sì? — ribatté lei, e un sorriso inquietante le arrivò agli occhi. — È proprio sicuro, signore? Perché io credo che ci siano alcune cose su suo “figlio perfetto” che lei non conosce. Cose che ho scoperto.

Il sangue gli si gelò nelle vene.

— Sua moglie ha usato il seme di un altro uomo per avere Santino — sputò Loredana, scandendo le parole. — E da cinque anni lei cresce il figlio di uno sconosciuto, convinto che sia suo.

Le parole caddero nell’aria come bombe. Dentro di lui, in un angolo che non avrebbe mai voluto guardare, qualcosa si mosse: il fatto che Santino non gli somigliasse quasi per niente; le telefonate sussurrate di Sofia anni prima; la gravidanza arrivata improvvisamente, dopo tante delusioni.

— È per questo che l’ho “corretto” ieri — continuò Loredana, con un ghigno. — Perché non è suo figlio. È un estraneo. E lei aveva il diritto di sapere la verità prima di sprecare altri anni della sua vita per lui.

In quel momento, la porta di ingresso si aprì.

— Edoardo? — chiamò una voce.

Era Sofia.

Era rientrata un giorno prima del previsto. Entrò nel corridoio della zona notte e si trovò davanti la scena: il marito con il volto sconvolto, Loredana con il certificato di nascita in mano, la camera di Santino sottosopra. Nei suoi occhi passò, in un istante, il terrore di chi vede il proprio segreto più profondo messo a nudo.

Dal corridoio arrivò il leggero ronzio del motore della sedia a rotelle.

— Papà? Mamma? — chiamò Santino. — Posso entrare? Voglio far vedere a mamma il mio progetto sui buchi neri.

Il sorriso di Loredana si trasformò in una smorfia trionfante. Era convinta di aver lanciato il colpo decisivo.

Il legame indistruttibile

Santino si fermò sulla soglia e guardò la scena, confuso.

— Che succede? Perché mamma piange? Perché la signora cattiva è qui?

Qualcosa inside Edoardo si ruppe e, allo stesso tempo, si rimise in ordine. Tutti i dubbi, tutti i pensieri velenosi che Loredana aveva cercato di seminare nella sua mente caddero come vetri infranti.

Il sangue non contava nulla.

— Santi — disse, avvicinandosi. Si mise in ginocchio davanti alla carrozzina, così da essere alla sua altezza. Gli prese le mani fra le sue, con delicatezza. — Ascoltami bene, campione. Non importa quello che dice qualcun altro. Tu sei mio figlio.

— Ma… quello che ha detto lei… — balbettò il bambino, aggrottando la fronte.

Edoardo si girò verso Loredana. Il suo volto divenne di pietra.

— Sai cosa non hai capito tu? — disse, la voce improvvisamente ferma e forte. — Non hai capito cosa significa essere padre.

Si rialzò e parlò guardandola dritta negli occhi, ma con tono abbastanza alto da farsi sentire da Sofia e da Santino.

— Essere padre non ha niente a che vedere con il sangue. Non è una questione di geni, ma di presenza. Essere padre è alzarsi alle tre di notte per un incubo. È piangere di gioia per la sua prima frase completa. È sentire il cuore fermarsi ogni volta che cade o che ha una crisi respiratoria. È imparare a spingere una carrozzina con la stessa naturalezza con cui gli si tiene la mano.

Inspirò profondamente.

— Può darsi anche che io non condivida con lui il DNA — aggiunse, senza distogliere lo sguardo. — Ma condivido la sua vita. Condivido il mio amore, la mia protezione, il mio impegno senza condizioni. Questo lo rende mio figlio molto più di qualunque esame del sangue.

Dietro di lui, Sofia scoppiò in lacrime. Si avvicinò di qualche passo.

— Edoardo, io… — singhiozzò. — Io non ti ho mai tradito. Non c’è nessun altro padre. Santi è tuo, è nostro. C’è voluto tempo, cure, medici, ma lui è nostro figlio, lo giuro…

— Sta mentendo — cercò di intervenire Loredana, ma fu interrotta da una nuova voce.

— No. Chi mente sei tu.

Era Maria Elena, ferma sulla porta della cameretta. In mano stringeva il cellulare.

— Ho registrato tutto — disse, con calma. — La tua confessione su quello che hai fatto nel giardino. La tua intrusione in casa. Le tue minacce. E io sono quella che mette in ordine i documenti della signora. Non ci sono fogli di alcuna clinica. Non c’è nulla che sostenga la tua storia. Ti sei inventata tutto per far loro del male.

Da fuori si cominciò a sentire il suono crescente delle sirene. Loredana impallidì. Il suo grande piano, il suo “colpo di scena”, stava crollando in pochi secondi.

Due agenti di polizia apparvero nell’atrio e salirono al piano di sopra. Maria Elena mostrò loro la registrazione, spiegò cosa era successo.

Loredana provò a protestare, ma le parole le si spegnevano in gola. Gli agenti le misero le manette e la accompagnarono fuori.

Quando la porta di casa si richiuse alle loro spalle, nella cameretta calò un silenzio strano, pieno di emozioni.

Fu Santino a parlare per primo.

— Papà? — chiese piano. — È finito tutto il brutto?

Edoardo lo prese in braccio, stringendolo con una forza che quasi gli mancò il fiato.

— Sì, campione. È finito. E la signora cattiva non tornerà mai più.

Santino appoggiò la testa sulla spalla del padre e lasciò uscire un lungo sospiro.

— Ti voglio bene, papà.

— E io ne voglio a te, più di quanto le parole possano dire — rispose lui, con la voce rotta.

Sofia li abbracciò entrambi, formando un unico cerchio.

— Vi amo. Tutti e due — sussurrò.

Quella sera, invece di dormire ognuno nel proprio letto, decisero di stare tutti e tre nella cameretta di Santi, sul letto a forma di astronave. Mangiarono il gelato direttamente dal barattolo, guardarono film fino a tardi, stretti l’uno all’altro come naufraghi scampati a una tempesta.

Quando Santino si addormentò, al centro, con una mano sulla maglietta del papà e l’altra stretta nella mano di Sofia, Edoardo capì finalmente una cosa semplice e immensa.

La famiglia non è definita dal sangue.
È definita dall’amore.

Loredana aveva cercato di distruggere la loro vita con una menzogna, ma aveva ottenuto l’effetto opposto: aveva dimostrato quanto fosse forte il legame tra lui e suo figlio.

La guerra era finita.
E loro, insieme, l’avevano vinta.

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