La bambina con la lettera stropicciata che ha distrutto una bugia di otto anni in un giorno

«Basta» la fermò lui, alzandosi di scatto. «Devo parlare con Anna.»


Anna stava mettendo libri in una scatola quando sentì bussare alla porta. Aveva il foulard in testa, il respiro un po’ corto, ma stava cercando di risistemare l’appartamento. Nel dubbio. Nel caso dovesse trasferirsi in una struttura, nel caso Sofia dovesse andare da qualche parente lontano.

Quando aprì e vide Lorenzo sulla soglia, con il volto contratto, il cuore le balzò in gola.

«Sei tornato prima di quanto pensassi» disse, cercando un sorriso. «Come… come sono andati i risultati del test?»

Lorenzo guardò le scatole. «Te ne stai andando?»

«Non lo so ancora» rispose lei, evitando il suo sguardo. «Sto solo cercando di fare ordine. Mi stanco in fretta se lascio tutto all’ultimo momento.»

«Anna, il test è negativo» disse lui, senza preamboli.

Lei lo fissò, sbiancando. «Negativo?»

«Nessuna compatibilità genetica» continuò lui, duro. «E, guarda caso, Silvia ha trovato documenti sul tuo matrimonio con un certo Roberto Ferri. È curioso che tu ti sia dimenticata di raccontarmi questo dettaglio, non trovi?»

Anna si lasciò cadere sulla sedia, come se qualcuno le avesse tolto la forza dalle gambe.

«Posso spiegare» sussurrò. «Sì, mi sono sposata. È stata una follia. È durato poco. Ma Sofia è tua figlia, Lorenzo, lo giuro.»

«Non usare più quella frase» la interruppe lui, il dolore trasformato in rabbia. «Me lo avevi già giurato, ricord i? Otto anni fa. Poi sono arrivate le foto, le testimonianze, le telefonate. Adesso c’è pure un test del DNA.»

Gli occhi di Anna si riempirono di lacrime. «Che foto? Che testimonianze? Non so di cosa parli. E sul test… deve esserci un errore. Ci dev’essere.»

«L’unico errore» disse lui, freddo, «è stato crederti di nuovo.»

Si guardò intorno, come se l’appartamento gli facesse improvvisamente male agli occhi.

«Ho confermato il pagamento della terapia fino alla fine del mese» aggiunse, la voce metallica. «Dopo di che… dovrai cavartela da sola. Io ho già fatto fin troppo.»

Anna si alzò di scatto, afferrandolo per un braccio. «Lorenzo, ti prego. Non andartene così. C’è qualcosa che non torna. Io non ti ho mai mentito su Sofia. Mai.»

«Anna, sono stanco di spiegazioni» ribatté lui, staccando il braccio. «Sono stanco di inseguire una persona che ogni volta mi lascia con più domande che risposte.»

Si voltò verso la porta.

«Lorenzo» lo chiamò lei, con la voce spezzata. «A prescindere da quello che pensi di me… ti giuro che ti amo ancora. Non ho mai smesso di amarti. E Sofia è tua figlia, qualunque cosa dica quel foglio.»

Lorenzo la guardò un’ultima volta. Poi uscì, richiudendo piano la porta alle sue spalle.

Anna rimase immobile per qualche secondo, sentendo i passi di lui svanire sulle scale. Poi si lasciò scivolare a terra accanto alle scatole, stringendo il foulard fra le dita, il petto che le bruciava.


Quella sera, nell’attico silenzioso, Lorenzo fissava il bicchiere sul tavolino senza davvero vederlo. Le luci di Milano pulsavano dietro le vetrate, ma lui si sentiva sospeso, come se non appartenesse più a nessuno dei due mondi: né a quello dei palazzi di vetro, né a quello delle scale consumate del palazzo blu.

Il telefono vibrò.
Un messaggio da un numero che aveva registrato il giorno prima.

Sofia – telefono mamma

«Signor Lorenzo, perché la mamma piange?
Dice che non è niente, ma io so che è per via sua. Ho fatto qualcosa di sbagliato?
Prometto che sarò più brava.»

Le righe erano piene di errori, parole scritte come si pronunciano, ma il senso era chiarissimo.

Lorenzo sentì un nodo in gola.
Digitò lentamente.

«Ciao Sofia. Non hai fatto niente di sbagliato. Tu sei perfetta così come sei. A volte i grandi litigano per cose complicate e i bambini pensano che sia colpa loro, ma non è mai così.»

La risposta arrivò quasi subito.

«Ma allora perché non vuoi più venire? La mamma non vuole parlare.
Diventerai ancora il mio papà o no?»

Lorenzo rimase con il telefono in mano, incapace di rispondere. La domanda era un coltello.

Non fece in tempo a formulare una frase che arrivò un terzo messaggio.

«La mamma dice che il test si può sbagliare. Io penso che sei il mio papà perché abbiamo gli stessi occhi.
Non arrabbiarti con la mamma, per favore.»

Lorenzo chiuse gli occhi. Rivide Silvia alzare il sopracciglio quando lui aveva parlato di rifare il test “per sicurezza”. Rivide la velocità con cui gli aveva portato i documenti del matrimonio di Anna. Rivide i suoi otto anni di costante presenza: sempre lì, sempre “utile”.

Qualcosa, pian piano, cominciò a scricchiolare dentro di lui.

Silvia rientrò in salotto, togliendosi le scarpe col tacco. «Chi ti scrive a quest’ora?» chiese, incuriosita.

«Sofia» rispose lui, senza nascondere lo schermo. «Mi chiede perché la madre piange.»

Silvia fece una smorfia. «Anna la starà usando per farti sentire in colpa.»

Lorenzo alzò lo sguardo su di lei. «È una bambina, Silvia. Non una pedina.»

Lei incrociò le braccia. «Non essere ingenuo. I bambini assorbono quello che sentono. Se la madre ti dipinge come l’uomo che le ha “spezzato il cuore”, è normale che ti mandi messaggi così.»

«Strano che tu sappia così bene come potrebbe “dipingermi”» commentò lui, con una calma pericolosa.

Silvia lo guardò, sulla difensiva. «Che vuoi dire?»

«Voglio dire» rispose, piano, «che comincio a trovare curiosa una certa serie di coincidenze. Otto anni fa qualcuno mi portò foto e racconti sul presunto tradimento di Anna. Tu eri lì, pronta a consolarmi, pronta a ripetermi che era meglio così, che mi aveva fatto un favore.
Ieri, in poche ore, hai tirato fuori documenti sul suo matrimonio con un altro uomo.
E, tra l’altro, il dottor Farina mi ha detto che il test è stato processato in tempi insolitamente rapidi.»

Sul volto di Silvia passò un lampo di irritazione. «Stai insinuando che io… cosa? Abbia manipolato un laboratorio di analisi? Dai, Lorenzo, sii serio.»

Lorenzo prese il telefono e scorse i contatti fino al nome Dott. Michele Farina.
«Preferisco far parlare i fatti» disse. «Vediamo cosa mi racconta il laboratorio.»

Si alzò e si allontanò verso lo studio, chiudendo la porta dietro di sé.


«Michele, sono Lorenzo» disse, quando il medico rispose. «Devo farti delle domande precise sul test del DNA.»

«Va bene» rispose il dottore, stupito. «Dimmi.»

«Chi ha avuto accesso ai campioni?» chiese Lorenzo. «E… è possibile che i risultati vengano alterati? Non parlo di errori di lettura. Parlo di tampering, di manomissione.»

Ci fu un silenzio per qualche secondo.

«Domande strane, Lorenzo» disse infine il medico. «C’è un motivo in particolare?»

«Diciamo che sto iniziando a dubitare delle intenzioni di alcune persone intorno a me» rispose lui, senza fare nomi. «Per questo ti chiedo: cos’è successo, esattamente, in laboratorio?»

Il dottore sospirò. «Ti dico la verità. C’è stato un piccolo problema il giorno dell’analisi. Un blackout di pochi minuti, niente di grave, ma alcuni sistemi si sono riavviati e alcuni campioni hanno dovuto essere rianalizzati. Tra questi c’era anche il tuo. È tutto registrato, ovviamente.»

«Qualcun altro, a parte te, sapeva che stavo facendo quel test?» insistette Lorenzo.

«Il personale di laboratorio, ovviamente. E… la tua compagna ha chiamato ieri mattina. Silvia, giusto?» aggiunse il dottore, come se fosse un dettaglio da nulla. «Ha detto di chiamare per tuo conto, voleva sapere i tempi, le procedure di sicurezza, cose del genere. La segreteria le ha risposto in modo generico, senza entrare nei dettagli, perché sono informazioni riservate. Onestamente ho trovato la telefonata un po’ invadente, ma ho pensato che fosse solo preoccupata.»

Lorenzo chiuse gli occhi per un secondo. Quando li riaprì, dentro c’era una chiarezza nuova.

«Michele, voglio rifare il test» disse. «Campioni nuovi, laboratorio diverso, massima sicurezza. E vorrei che tu facessi analizzare anche i campioni originali da un laboratorio indipendente, per verificare se c’è stata una manomissione.»

«Si può fare» rispose il medico. «Ma richiede qualche giorno e un costo maggiore.»

«Non mi interessa il costo. Mi interessa la verità» disse Lorenzo. «E, Michele… se saltasse fuori che qualcuno ha davvero alterato quel test, ci sarebbero conseguenze legali serie. Te la sentiresti di mettere tutto per iscritto?»

«Se ci saranno prove oggettive, sì» rispose il dottore, fermo. «Ti conosco da tanti anni, Lorenzo. Non mi presterei mai a giochetti sporchi.»

«Lo so» disse lui. «È per questo che mi fido di te.»

Quando tornò in salotto, Silvia stava scrollando il telefono, fingendo indifferenza.

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